“Ciò che seminai nell’ira/crebbe in una notte/rigogliosamente/ma la pioggia lo distrusse. Ciò che seminai con amore/germinò lentamente/maturò tardi/ma in benedetta abbondanza.” Peter Rosegger
Tadadadaaann! Ecco svelato l’argomento di quest’anno: i Sette Peccati Capitali. Quelli che in giapponese si chiamano 七つの大罪 “nanatsunotaizai” ovvero i Sette Vizi, perché la parola “peccati” è erroneamente utilizzata con accezione negativa e quindi chiamiamoli vizi che suona meglio. Prima di addentrarci nel groviglio di emozioni dell’ira, faccio una piccola premessa. Ho scelto questo argomento non perché ci sia un collegamento diretto con la religione in realtà - anche se è presente più o meno in tutte diciamo - anzi credo che sia molto interessante e dannatamente riflessivo indagare sui propri vizi per capire meglio chi siamo e per imparare a migliorarci. E’ un argomento che ci riguarda tutti insomma. Ci sono svariate opere d’arte e di letteratura, oltre che a film e fumetti, a loro dedicati ma quelli che mi hanno colpito di più sono sicuramente: la Cappella degli Scrovegni che guarda caso si trova a Padova (sì sono di parte), il dipinto di Hieronymus Bosch che si trova al Museo del Prado di Madrid e il film “Seven” - tra i miei preferiti degli anni ‘90 (ma non per Brad Pitt eh!) - che ne approfondisce le dinamiche utilizzando uno stile inconfondibile che l’ha consacrato a thriller di culto. Preparati, tra poco entreremo nel teatro dell’ira!
Procediamo per gradi. Qualche anno fa ho letto il libro “ Manuale di un monaco buddhista per abbandonare la rabbia “ di Ryūnosuke Koike in cui ho trovato molte riflessioni utili per comprendere appieno i meccanismi della rabbia.
La rabbia è un’energia repulsiva che ci fa rifiutare qualcosa. Le persone infelici quando si sentono contrariate reagiscono all’istante, a prescindere dalla propria volontà (vedi Hulk).
Se ci viene detto qualcosa di sgradevole dobbiamo sforzarci di recepirlo come un semplice suono e bloccare la rielaborazione delle informazioni raccolte.
Dunque la rabbia/l’ira non è altro che la manifestazione all’ennesima potenza, quasi teatrale appunto, di uno stato di infelicità pregresso che si è accumulato nel tempo. Ogni persona ha il suo carattere ovviamente, magari chi è più impulsivo scatterà prima alle “provocazioni” esterne ma ciò non sempre è da attribuirsi al carattere, anzi. Le origini della rabbia possono essere molteplici e solamente una profonda osservazione di sé e delle proprie reazioni può condurre alle motivazioni che la innescano. Abbiamo già identificato l’infelicità come una causa, ma dietro a questa possono esserci anche la frustrazione e l’ingiustizia (subita) ad esempio. Indaga!
In un passato neanche troppo lontano sono stata anche io vittima della rabbia: mi ricordo di un episodio successo quando ancora lavoravo a Tokyo in cui un collega mi disse “sei una che si arrabbia eh” e mimava con gli indici due corna ai lati delle tempie. In giapponese il verbo arrabbiarsi si dice 「怒る」“okoru” che i giapponesi sono soliti abbinare con la figura di un orco appunto e all’epoca quell’immagine ha suscitato in me una scintilla di introspezione. Non ti nego che ci ho messo anni per identificarla, analizzarla e cercare di neutralizzarla/gestirla. E’ un lavoro lungo a volte, ma quando hai imparato a controllarla disponi di un super potere, sul serio!
“E’ un’esperienza vedere un uomo che vive delle proprie emozioni” dice il detective Somerset (Morgan Freeman) in Seven rivolgendosi al Detective Mills (Brad Pitt). Se non hai visto il film niente spoiler promesso ma diciamo che i due protagonisti sono proprio l’opposto l’uno dell’altro: Somerset è pacato, razionale, riflessivo e un grande osservatore; mentre Mills è impaziente, emotivo e iracondo, sarà perché giovane?! Fatto sta che l’ira e le sue molteplici manifestazioni vanno gestite come se fosse lava incandescente: con razionalità e con molta cautela. Per questo motivo imparare ad osservare se stessi e le proprie reazioni a quello che è la percezione del mondo, che non coincide sempre con la realtà, risulta determinante. Vi consiglio dunque un approccio zen con questo sutra:
“Mālukyaputta, guarda, ascolta, annusa, assapora, tocca, conosci e poniti così nei confronti di queste sei categorie oggettive: quando guardi lascia che le cose siano come le hai viste. Quando ascolti, lascia che siano come le hai ascoltate. Quando annusi, lascia che siano come le hai annusate. Quando assaggi, lascia che siano come le hai assaporate. Quando le hai conosciute, lascia che siano come le hai conosciute.” Mālukyaputta Sutta
Hai mai notato che quando sei felice ti possono dire qualsiasi cosa, cascasse il mondo o esplodesse l’universo non ti toccherebbe? Ecco, coltiva la tua felicità ogni giorno e sarai per sempre libero/a dalla rabbia.
Qualcuno nel sondaggio di gradimento inviato poco tempo fa’ - a proposito grazie per le vostre risposte mi hanno fatto molto piacere 💜 - mi ha chiesto delle ricette. Arriveranno, abbi pazienza!
Nel frattempo vorrei lasciarti con questa canzone dei pluripremiati Måneskin tratta dal loro penultimo album a cui ho rubato il titolo di oggi. Non so se ti piace il loro genere ma il messaggio che vogliono dare in questa raccolta è molto importante e si pone come obiettivo proprio se hai problemi con la gestione della rabbia: “il teatro, metafora in contrasto con l’ira del titolo, diventa lo scenario in cui questa prende forma. Non si tratta di una collera contro un bersaglio, ma di un’energia creativa che si ribella contro opprimenti stereotipi. Una catarsi che genera, grazie all’arte, una rinascita e un cambiamento in senso positivo.”
Usa la tua rabbia per creare qualcosa di nuovo, impara a dominare l’istinto e ad incanalare quegli eccessi di energia in attività creative oppure che ti facciano sfogare la negatività che hai accumulato. Respira profondamente, resisti, tu sei più forte!
Ti auguro un buon fine settimana, magari zen e creativo!
Grazie per il tuo tempo,
Eleonora.